L’empatia è quindi la propensione, o disposizione, ad essere influenzato dagli stati emotivi di qualcun altro. E’ vedere una persona piangere e sentirsi immediatamente tristi.
Sono stati proprio dei neuroscenziati italiani, qualche anno fa, a dimostrare che alla base di tale meccanismo c’è una base neurologica, che viene rappresentata dai cosiddetti “neuroni specchio”. Si è fatta strada dunque l’ipotesi che l’empatia è una disposizione innata in alcune specie, soprattutto nei mammiferi.
Ci sono però due livelli di mentalizzazione dell’empatia:
Il primo grado è quello più conosciuto, e anche quello più facile da realizzare: fondamentalmente è mettersi nei panni dell’altro.
Applicare il secondo grado di empatia significa invece andare oltre l’immedesimazione e passare attraverso la conoscenza delle caratteristiche proprie del soggetto che mi sta davanti per cercare di capirlo meglio, di capirlo dal suo punto di vista.
Non è più immaginare come IO mi sentirei se fossi nei suoi panni, ma provare a sentire dentro di me come LUI si sente.
Questa capacità applicata alla relazione con un gatto significa in pratica cominciare a ragionare da gatto.
Diventare gatto.
Mettersi nella sua prospettiva, cominciare a guardare il mondo dal loro punto di vista e non più dal nostro.
Questa capacità tra l’altro è fondamentale non solo per comprendere meglio il loro comportamento ma anche per rinsaldare la Relazione giorno dopo giorno. Perchè se il cane può perdonare e soprassedere su una nostra eventuale mancanza di empatia di secondo grado, il gatto assolutamente no.